lunedì 30 agosto 2010

Il Giudizio o l'Angelo

Questo Trionfo si trova spesso menzionato come “L’Angelo”, mentre nelle Minchiate è detto “Le Trombe”. Rappresenta la resurrezione dei morti il giorno del giudizio universale; nel Tarocco Visconti il Padreterno in forma di vecchio barbuto con globo e spada, compare nel cielo affiancato da due angeli che suonano la tromba; in basso tre figurette ignude, un uomo, una donna, un vecchio, escono da un avello con le mani giunte. Nel mazzo di Carlo VI e nei Tarocchi marsigliesi Dio padre è sparito e al suo posto campeggiano nel cielo una o più figure angeliche. Col tempo il grande angelo annunciatore del “Dies Irae” diventa spesso l’unico protagonista della lama, come nei Tarocchini bolognesi e nelle Minchiate.
L’idea del giudizio universale è comune alle grandi religioni monoteiste: giudaismo, cristianesimo, islamismo, zoroastrismo, mentre nei popoli primitivi è diffusa quella di un giudizio individuale che deciderà le sorti dell’anima. Anche l’attesa della fine del mondo è presente in diversi popoli; ad essa dovrebbe seguire un rinnovamento, come nel germanico Crepuscolo degli Dei, o una sconfitta finale del male, come nelle religioni persiane, o la morte di tutti gli esseri con successiva resurrezione come nell’Islamismo. Nel Vecchio Testamento si allude raramente alla resurrezione dei morti, ad esempio nel libro di Daniele; Matteo, nel Vangelo, così descrive la scena apocalittica: ”le tombe si aprirono, e molti corpi di santi che vi riposano resuscitarono (27,52). Ma il libro più importante sull’argomento è l’Apocalisse che dà una descrizione terribile, ma splendida nel suo lirismo, della fine dei tempi. Apocalisse significa in greco “scoprire”,”rivelare” col significato di comunicare verità divine. La Chiesa ha identificato l’autore in San Giovanni, evangelista e apostolo; egli, trovandosi nell’isola greca di Patmos, fu rapito in spirito ed ebbe una visione dettagliata della fine del mondo; il messaggio dell’opera è che “il tempo è vicino” e la vita materiale corre verso la sua consumazione finale.

Sul piano iconografico il tema del giudizio si sviluppa in Europa a partire dall’arte paleocristiana per giungere alla massima espansione nel Medioevo; vi sono però differenze interpretative a seconda che l’influenza dell’opera sia di tipo occidentale o bizantino. Nei primi periodi del cristianesimo ci si limitò a rappresentare la figura di Cristo che accoglie le anime beate; in seguito la scena si ampliò notevolmente; a partire dall’XI secolo la composizione fu articolata su una serie di fasce sovrapposte, in genere suddivise in tre momenti fondamentali: al vertice l’apparizione di Cristo giudice; al centro la separazione degli eletti dai reprobi; in basso la resurrezione dei morti. Nella seconda scena gli angeli guidano i beati verso la Gerusalemme celeste, mentre i demoni spingono i dannati nella bocca dell’inferno. Per un’ingenua convenzione i primi sono rappresentati vestiti di tutto punto, mentre i secondi sono ignudi; le anime recano inoltre le insegne del loro potere terreno, cioè le corone se sono re o le mitrie se sono vescovi o papi. Per quanto riguarda la resurrezione dei morti vi è spesso differenza d’interpretazione iconografica a causa delle numerose dispute teologiche circa la modalità dell’evento. In generale  però si preferiva attenersi alle idee espresse da San Paolo nella Epistola prima ai Corinzi: “suonerà infatti l’ultima tromba e i morti risorgeranno incorruttibili” (15,52). Ogni pittore interpretò a suo modo questo evento: Luca Signorelli affrescò  interamente la cappella di San Brizio, nel duomo di Orvieto (1498-1500 circa) col giudizio universale: l’autore visualizzò le parole di Paolo dipingendo alcuni risorti come scheletri, altri rivestiti con brandelli di carne, come se si stessero ricoprendo di muscoli e pelle. In ulteriori figurazioni i morti sono ancora avvolti nel lenzuolo funebre, o completamente vestiti, o nudi. In generale si preferiva raffigurare i resuscitati senza nulla addosso; l’usanza non corrispondeva a un costume medievale (la gente veniva sepolta coi suoi abiti) ma si riferiva evidentemente all’interpretazione di testi sacri. Anche Michelangelo come è noto, dipinse un giudizio nella parete d’ingresso della cappella Sistina (1533-34), considerato uno dei capolavori massimi dell’arte di tutti i tempi; in tale opera l’artista rivoluzionò lo schema compositivo a fasce sovrapposte e rappresentò beati e dannati in un ribollire di corpi nudi che scandalizzò i contemporanei.
Le raffigurazioni più notevoli di questo tema si trovano in Italia: a Palermo, nella cappella Palatina, a Torcello, nel Duomo, a Padova, nella Cappella Scrovegni. La parete di fondo della chiesa, volta ad occidente, era il luogo destinato alla raffigurazione, ed essendo quella della porta, ricordava a chi usciva l’incombere della divina giustizia


I Tarocchi riprendono questa tradizione pittorica secolare semplificando al massimo la rappresentazione: l’erompere della divinità è suggerito solo dalla comparsa del suo messaggero, l’angelo con la tromba, mentre eliminati eletti e reprobi, si passa direttamente alla resurrezione dei morti. Il Giudizio è, assieme alla Temperanza, uno dei Tarocchi in cui l’angelo è protagonista. Nell’Antico Testamento Dio si serve degli angeli per guidare l’uomo e per salvarlo dai pericoli: ancor più numerosi sono gli interventi angelici nel Nuovo Testamento; essi hanno ispirato un’infinità di opere d’arte, basti pensare al celeberrimo episodio dell’Annunciazione, narrato nel Vangelo secondo Luca. Gli angeli hanno un ruolo fondamentale nell’Apocalisse di San Giovanni, dove sono il braccio armato della collera divina; suonando le trombe o versando coppe avvelenate sulla terra causano di volta in volta terribili piaghe che distruggono il genere umano.  La Bibbia non presenta tuttavia una dottrina strutturata su di essi, ma li cita solo nelle loro imprese; l’opera più importante sugli angeli è la “Gerarchia Celeste”, scritta dopo il V secolo, da un autore il cui nome è sconosciuto, che gli storici chiamano per comodità Dionigi l’Aeropagita o Psedo-Dionigi; essi vi sono descritti nella loro forma e nella loro struttura gerarchica; sono infatti divisi in nove ordini a loro volta raggruppati in tre sottordini: l’ultimo comprende i Principati, gli Arcangeli e gli Angeli, che sono i più vicini all’uomo. Questo testo visionario ispirò in seguito gli scritti di Sant’Agostino, San Tommaso, Dante Alighieri e dei filosofi neoplatonici.
Sul piano iconografico le raffigurazioni degli angeli derivano dai geni, dalle Vittorie alate, dal dio Eros presenti nell’arte classica. Queste figure hanno la prerogativa della giovinezza e della bellezza; vestite di una bianca tunica,  hanno i piedi nudi calzati da leggerissimi sandali, mentre le ali compaiono a partire dal VI secolo. Sono spesso dotati di strumenti musicali; le trombe in particolare sono prerogativa degli angeli del giudizio, sebbene in alcune raffigurazioni essi siano muniti di verghe. La tromba era anticamente uno strumento potente usato per annunciare importanti eventi come l’assalto in guerra o una cerimonia solenne; i romani le utilizzavano anche per i giochi pubblici o i funerali.


L’interpretazione di questo Tarocco ha anche un versante psicologico; sul piano simbolico infatti la resurrezione dei morti può essere paragonata ad un risveglio dell’anima. L’erompere dello spirito, simboleggiato dall’angelo che suona la tromba, interrompe un sonno non necessariamente individuabile nella  morte fisica, ma identificabile con quello della coscienza. Il Giudizio propone quindi il tema dell’illuminazione: una verità si fa improvvisamente strada causando un mutamento significativo nell’orientamento dell’io; la vita banale di tutti i giorni viene nobilitata dal soffio dello spirito e l’energia riprende a scorrere in una direzione nuova e più opportuna.
Per Wirth l’Arcano non simboleggia la resurrezione della carne ma quella dell’iniziato che si risveglia alla vita dello spirito. Le tre figurette che escono dal sepolcro rappresenterebbero l’umanità rigenerata.
Il Trionfo è contrassegnato col XX, variamente interpretato; secondo alcuni è un numero di vita e di impulso, secondo altri di ostacoli, fatalità, intralci. E' considerato parzialmente infausto da San Girolamo perché indica la lotta universale, ma rappresenta anche la fonte di tutta l'energia del mondo.Secondo il mistico Jakob Boehme è il numero "del Diavolo", vale a dire il mondo materiale opposto al mondo spirituale.