giovedì 2 settembre 2010

La Temperanza

Nel Tarocco Visconti la Temperanza è rappresentata  da una donna che travasa liquido da un vaso all’atro. L’azione del temperare per il cristianesimo, era in particolare riferita al domare eccessi ed istinti; si pensava che questa virtù fosse necessaria per frenare la sensualità e i piaceri carnali. Nelle molte raffigurazioni plastiche e pittoriche la Temperanza poteva essere connessa con altre virtù sussidiarie, secondo i dettami stabiliti da San Tommaso d’Aquino; pertanto la si trova frequentemente a fianco della Castità, della Verginità, dell’Umiltà.
Nel Tarocco di Marsiglia la donna è diventata un angelo con grandi ali che indossa una veste bipartita in due zone di colore, blu e rosso; pure blu e rosse sono le anfore che regge in mano. Gli angeli sono figure soprannaturali che si ritrovano in tutte le religioni: esseri alati sono presenti nei miti Egizi, Assiro-Babilonesi e nelle cosmogonie del medio ed estremo oriente, spesso col ruolo di messaggeri; nella loro posizione intermedia tra cielo e terra ben incarnano il carattere di mediazione che è stato attribuito alla Temperanza.
Come la Giustizia e la Forza, la Temperanza è una delle tre Virtù cardinali che fanno parte del mazzo dei Tarocchi. La parola è latina e può derivare sia dal verbo “tempus” che da “tempes”, con significato originario di “tagliare” al fine di mescolare e armonizzare. Questa bella virtù, al giorno d’oggi un po’ fuori moda, significa dunque la capacità di controllare gli appetiti naturali, mitigando gli eccessi. Essa era tenuta in grande onore fin dalle epoche più antiche; Platone ad esempio la cita esplicitamente nel “Menone”, in cui fa dire a Socrate che l’uomo e la donna devono essere guidati dalla giustizia e dalla temperanza nel governo della città e della casa, loro reciproche competenze. Per molti autori inoltre, la temperanza si identificava con la donna; tale idea è arrivata fino al nostro rinascimento. Lo scrittore greco Plutarco (46-125 circa d.C.) afferma che nel matrimonio la moglie deve adattarsi in modo quasi mimetico alla vita del marito; egli paragona ciò all’azione di mescolare l’acqua col vino. Tale immagine è stata assorbita dall’iconografia della Temperanza, che si presenta comunemente nel Medioevo e nel Rinascimento come una figura che versa liquido da un’anfora all’altra. Anche nella letteratura cristiana di tipo didattico e pastorale tale virtù era caldamente consigliata alla donna. Un autore medievale, Egidio Romano, suggerisce ad esempio alle monache di rinunciare a trucchi e ornamenti per dipingersi, vestirsi e adornarsi esclusivamente con qualità morali come “gli orecchini dell’obbedienza, il lino della castità, la cintura della disciplina, il belletto della buona fama, l’unguento della temperanza”.
Oltre alle due anfore altri attributi di questa virtù furono il freno, la clessidra, la spada. Gli ultimi due oggetti compaiono ad esempio nell’Allegoria del buon governo nel Palazzo Pubblico di Siena e nella Cappella degli Scrovegni a Padova. L’orologio è in rapporto con l’azione del misurare, la spada con quella del tagliare.
Il Tarocco marsigliese si presta ad un’interpretazione esoterica con molti riferimenti di tipo mistico e alchemico, come è sottolineato dal Wirth nella sua opera. L’alchimia ha una lunga storia che affonda le sue radici nell’antico Egitto o addirittura in Cina; la parola deriva dal sostantivo arabo “al-kìmiya” che a sua volta discende probabilmente dal greco “chyma” che sta a significare la fusione e depurazione dei metalli. All’inizio dell’era cristiana era largamente praticata, specie nell’Egitto alessandrino.. In Europa l’alchimia conobbe una notevole fortuna dal IX fino alla metà del XVI secolo; essa annoverò tra i suoi cultori uomini di potere e di cultura come Ruggero Bacone e San Tommaso d’Aquino. L’idea di base era la preparazione della pietra filosofale, un minerale dotato di proprietà miracolose, tra cui quella di trasformare i metalli vili in oro; per ottenerla occorreva distillare a lungo la materia base, formata da miscele metalliche, utilizzando un recipiente chiuso, l’Atanor. Lo psichiatra Carl Gustav Jung ha studiato lungamente i testi alchemici e nel suo saggio “Psicologia e alchimia” (1944) ha dimostrato che la ricerca della pietra filosofale riguarda più il nucleo divino presente negli esseri umani, che la rincorsa della ricchezza e del potere esteriori. L’oro promesso dalla magica pietra è, secondo Jung, assai più di tipo spirituale che non fisico, e le astruse allegorie degli alchimisti sarebbero da intendere in linguaggio psicologico alla stessa stregua delle immagini dei sogni.
La pietra filosofale era chiamata anche “rebis”, “essere doppio” o “androgino ermetico”; androgino è un unico essere in cui convivono attributi maschili e femminili. L’angelo o, come lo chiama Wirth, il “Genio della Temperanza”, sarebbe collegabile con questo tipo di figura mitica. L’ermafrodita era anticamente simbolo di divinità, pienezza e totalità. Secondo il cristianesimo, diventare “uno”, nel senso di abolire la distinzione maschio/femmina, è il fine della vita umana e nel Nuovo Testamento si allude frequentemente a questa unità.
Proseguendo nella spiegazione esoterica dell’allegoria, occorre analizzare il significato dell’anfora e dell’acqua. Il vaso era presente come simbolo mistico fin dalla filosofia greca e successivamente nei poemi relativi al Santo Graal, scritti a partire  dalla fine del XII secolo. Il Graal sarebbe stata la coppa che avrebbe raccolto il sangue di Cristo; era un oggetto sovrannaturale dotato delle virtù del nutrimento, dell’illuminazione, dell’invincibilità. Era associabile anche al “vaso ermetico” dell’alchimia, dove si fondevano gli elementi della “grande opera”, e al calice della messa, dove vengono mescolati assieme acqua e vino, per rappresentare l’aspetto umano e spirituale di Cristo.
La simbologia dell’acqua, ricchissima, può forse sintetizzarsi in tre temi fondamentali: è essere sorgente di vita, ha il potere di purificare e capacità di rigenerare; tutte le culture hanno approfondito il significato del prezioso elemento nelle sue infinite variazioni e combinazioni allegoriche. Il Wirth vede nell’acqua versata dall’angelo della Temperanza un simbolo di purificazione iniziatica. Il battesimo cristiano è un ulteriore esempio in tal senso; il rituale dell’aspersione e dell’immersione è tuttavia presente presso altri popoli; l’idea del lavaggio purificatorio della materia era ripresa inoltre dall’alchimia.
Per tornare alla figura della Temperanza, il versamento del liquido rappresenterebbe il continuo fluire della vita, il movimento incessante dell’energia; l’anfora che lo contiene sarebbe l’agente riparatore fonte di rigenerazione; il travaso dei liquidi è una sorta di alchimia psichica in cui l’individuo arriva alla purificazione.
Il XIV, numero dell’Arcano, è legato al movimento perpetuo, ma può essere anche simbolo di pericolo. E’ anche il numero dell’incarnazione; secondo gli antichi Greci simboleggiava la trasmigrazione dell’anima da un corpo all’altro (metempsicosi) e più specificatamente indicava il momento in cui l’anima rinasceva nel mondo.